L’assicurazione R.C. dei rischi che possono colpire il “patrimonio” di una società di capitali non è estendibile a soggetti che non siano indicati espressamente come beneficiari.

Importante sentenza della Suprema Corte, Sez. III, Pres. Travaglino, n. 21980 del 21.7.23, che, confermando la sentenza di Corte di Appello di Perugia n. 189/2020, ribadisce i limiti logici, prima ancora che negoziali, della copertura assicurativa.

Si verte di un infortunio sul lavoro gravissimo, di cui è ritenuta corresponsabile una società di capitali, poi fallita. Vengono convenute anche varie persone fisiche, organi, preposti e professionisti operanti per detta società, ritenute anch’esse responsabili.

Detta società ha in essere una polizza RC, volta a proteggere i rischi propri, tali da incidere negativamente sul suo stesso patrimonio.

Non sono previsti beneficiari o altri assicurati al di fuori della società di capitali stessa.

Fallita la società, ad attivare in sede giudiziaria la polizza, a protezione del proprio patrimonio personale, sono, invece, i soggetti privati sopra menzionati, sostenendo di essere anch’essi automaticamente assicurati.

Resiste la Compagnia, chiarendo non trattarsi di contratto a favore di terzi, ma di polizza RC volta a proteggere il solo patrimonio societario.

La vicenda giunge davanti alla Suprema Corte dopo che in entrambi i gradi di giudizio di merito la pretesa dei soggetti privati era stata motivatamente rigettata.

Sia il Tribunale di Perugia che la Corte di Appello di Perugia hanno accertato l’estraneità del professionista alla garanzia di cui alla polizza assicurativa invocata ed ai suoi effetti, non essendo egli né assicurato, né beneficiario della polizza, non sussistendo alcuna clausola contrattuale che estendesse a suo favore la garanzia, che era stata stipulata a tutela esclusiva del patrimonio della società di capitali, poi fallita. In sede di assunzione del rischio, anche ai fini della determinazione del premio, lo stesso era stato valutato e considerato, infatti, rispetto al patrimonio societario soltanto.

Non rilevava chi avesse causalmente compiuto l’azione dannosa, ma quale patrimonio la polizza intendesse proteggere.

Ove il patrimonio della S.p.A. e, per essa, della Procedura Fallimentare relativa, non sia minacciato, la polizza non opera.

Il soggetto diverso dalla società di capitali non ha titolo per chiedere manleva, perché non è assicurato, né beneficiario della garanzia di polizza.

Partendo dal concetto di “fatto colposo riferibile al dipendente”, veniva proposta una interpretazione estensiva del contratto, sul piano degli effetti di detta condotta, pretendendo che la copertura concernesse non solo gli effetti della condotta sul patrimonio dell’assicurato S.p.A., ma anche sul patrimonio di chi assicurato o beneficiario non era.

Nell’analisi del contratto, effettuata dai Giudici di merito secondo i criteri ermeneutici previsti dal Codice Civile, si è evidenziato quale fosse la tipologia di contratto (RC e non a favore di terzi o per conto di chi spetta) e quale il patrimonio protetto (quello della S.p.A. soltanto).

Non era necessaria alcuna altra interpretazione, né era consentita alcuna “estensione”, che avrebbe significato l’imposizione di una obbligazione ulteriore, d’imperio, nonostante la chiarezza in senso opposto della pattuizione contrattuale.

Il ricorrente non discerneva tra tipologia del rischio e operatività, in concreto, della garanzia. La Compagnia, mentre non aveva motivo di negare trattarsi di polizza RC, ha sempre negato l’operatività della garanzia rispetto alle domande di manleva di soggetti non assicurati, il cui patrimonio, proprio perché non assicurati e non beneficiari, non è mai stato garantito o protetto dalla polizza.

La polizza indicava sempre quale unico soggetto contraente, assicurato e beneficiario di polizza, la S.p.A. La tutela del patrimonio di altri soggetti era perciò estranea al rischio assunto in garanzia.

La polizza indica che l’obbligazione della Compagnia (“oggetto dell’assicurazione” – doc. 5, pag. 8) è di “tenere indenne l’Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge”.

In base a detto rapporto contrattuale, soltanto l’Assicurato può pretendere manleva nei confronti della Compagnia. Il riferimento è al solo patrimonio della S.p.A.

La polizza assicurativa, per sua stessa natura, finalità e ratio, è limitata a garantire l’assicurato soltanto. Il rischio riguarda il soggetto assicurato, società di capitali, nella misura in cui subisca effetti patrimoniali negativi per la condotta anche dei suoi organi o dei suoi dipendenti. Se la condotta produce effetti negativi sui patrimoni di soggetti non assicurati, senza colpire il patrimonio societario, la vicenda resta estranea alla garanzia stipulata dalla società.

La norma di cui all’art. 2049 c.c. concerne soltanto la posizione della società, che non era neppure parte in causa essendo fallita, rispetto alle condotte dei propri dipendenti o preposti.

Nessun rapporto di dipendenza o di collaborazione ha l’effetto di confondere i due patrimoni e le due distinte ed autonome personalità. Gli effetti della condanna sul patrimonio del soggetto privato sono estranei al rischio dedotto in garanzia.

Poiché la Compagnia ha inteso garantire esclusivamente il rischio e il patrimonio della S.p.A. (in base a determinate condizioni) e non quello di altri soggetti, se la condotta di un preposto, di un socio o di un dipendente, causa un danno ad un terzo, se il danneggiato agisce, anche ex art. 2049 c.c., direttamente verso la S.p.A., stante la specifica clausola contrattuale, la Compagnia è tenuta a manlevare la sola società assicurata, anche se l’evento di sinistro si riconduce al concreto operato di un dipendente, socio o collaboratore esterno dell’assicurata, poiché e nella misura in cui ciò interessi e colpisca il patrimonio stesso della S.p.a.

Se, invece, il danneggiato agisce direttamente verso il dipendente o verso il socio dell’assicurata, tale soggetto, non essendo assicurato, né beneficiario di polizza, proprio perché non è il patrimonio della S.p.a. ad essere posto a rischio, non ha diritto a chiedere manleva assicurativa, poiché il rischio che sia colpito il patrimonio di detto soggetto, non assicurato e non beneficiario, è estraneo alla garanzia di polizza.

La Corte di Cassazione fa propri e ribadisce detti principi, affermando: “In secondo luogo, l’illustrazione del motivo dimostra che il ricorrente è incorso in una evidente confusione circa le nozioni di contraente, di assicurato e di beneficiario della polizza assicurativa e che per di più non ha chiara la differenza tra l’assicurazione privata e quella imposta dalla legge (a p.23 insiste, infatti, sul fatto di non essere tenuto a stipulare una polizza assicurativa, non essendo’ titolare dell’incarico ricevuto).

A tal proposito è sufficiente chiarire che l’assicurazione per cui è causa è una assicurazione “di patrimonio” che presuppone come rischio la ricorrenza di una responsabilità diretta o indiretta dell’assicurato, la quale fa nascere a suo carico una obbligazione risarcitoria verso terzi che, a usa volta, determina il sorgere del credito dell’assicurato verso l’assicuratore.

L’assicuratore, infatti, si obbliga a tenere indenne l’assicurato dai rischio che il suo patrimonio sia intaccato dalle azioni risarcitorie promosse da terzi per fatti o atti da lui o dalle persone della cui attività, secondo quanto specificamente previsto nella polizza, egli sia chiamato a rispondere. È evidente, dunque, che la causa del contratto consiste nel trasferire sull’assicuratore il rischio di eventi negativi a carico del patrimonio dell’assicurato, in conseguenza di fatti che siano fonte di obbligazione risarcitoria dell’assicurato verso terzi”.

Precisa: “Il soggetto assicurato, nonché beneficiario della polizza, era, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente (p. 23), solo la xxx, il cui patrimonio era esposto al rischio di depauperamento, in quanto civilmente responsabile del danno subito da xxx

Come anticipato, quella stipulata dalla xxx era una species di assicurazione rientrante nel genus “assicurazioni contro i danni”, regolata dall’art. 1917 cod.civ. a mente del quale l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto; né il terzo danneggiato, quindi, xxx né coloro della cui attività la xxx era chiamata a rispondere civilmente nei confronti di xxx avevano assunto alcun “ruolo” nel contratto: non quello di assicurati ® quindi di soggetti coperti dalla garanzia assicurativa – e neppure quello di beneficiar dell’indennizzo. Le parti del contratto erano xxx, nella veste di assicurata/beneficiaria dell’indennizzo, e Zurich, nella veste di assicuratrice”.

Un precedente assai rilevante sul tema.

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